Porto San Pancrazio

Borgo antico nato sulla riva sinistra dell’Adige, Porto San Pancrazio lega il suo sviluppo alle vicende del fiume. Esso ha sempre regolato la vita e gli umori della gente del Porto, fin dai primi abitanti che vivevano delle sue risorse (pesca, sabbia, ghiaia, forza motrice per i mulini).
Come indica lo stesso nome, il “Porto” era il punto di attracco e di traghettamento alla riva opposta, dove una sorta di zattera a filo d’acciaio permetteva di collegare il Porto alla zona del Saltuclo.

Nel corso dell’800 il borgo ha conosciuto profonde trasformazioni con la costruzione del cimitero, della linea ferroviaria Milano-Venezia e della Stazione Porta Vescovo.

Poco prima dell’ultima guerra Porto San Pancrazio si presentava come una comunità contadina tutta distesa sul bordo della morena che guardava l’Adige tra file di gelsi, peschi e salici. Sulle sue sponde la gente passeggiava di giorno, al sole, o di sera con la luna. Se ne sentiva la frescura nelle sere d’estate, il tracimar pauroso delle sue acque nelle piene. Cacciatori e pescatori andavano e venivano in continuazione indaffarati, attenti ai passi dei migratori e al color delle acque.

Un centinaio di case, dimore di pescatori, cacciatori, sabbionai e piccoli artigiani, poco più di un migliaio di abitanti, otto strade dedicate, tranne due, a mezza dozzina di liberi pensatori in odore di eresia: Giordano Bruno, Tommaso Campanella, Girolamo Savonarola, Galileo Galilei, Arnaldo da Brescia, Paolo Sarpi. Retaggio evidente di quell’anticlericalismo barricadiero, ma anche un po’ romantico, di cui erano pervase le giunte comunali socialiste a cavallo del secolo.

Durante l’ultima guerra il borgo fu pesantemente bombardato e a partire dagli anni ‘50 ha conosciuto la ricostruzione e il successivo sviluppo.

( “28 marzo 1944, Il Porto quel giorno”, Comune di Verona, Circoscrizione 7, 1984; “Porto San Pancrazio, Storia di una comunità”, Cirillo Boscagin)

Buso del Gato

Luogo segreto inaspettato, noto solo agli abitanti del posto, il “Buso del Gato” è un passaggio pedonale sotterraneo realizzato dagli austriaci sotto la ferrovia nel 1849 per collegare il quartiere Porto San Pancrazio alla stazione di Porta Vescovo.

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Parco dell’Adige Sud - Fattoria didattica Giarol Grande

Area naturale protetta di interesse locale che si estende su una superficie di oltre un milione di metri quadri sulla quale è stato creato un bosco planiziale, ossia una boscaglia che rappresenta la formazione forestale tipica delle aree di pianura di un tempo. Un bel percorso ciclo-pedonabile che costeggia l’ansa del fiume, consente di raggiungere Zevio, passando per il bel parco e la Villa dei Buri.

Parco all'Adige, Villa Buri

Incantevole ambiente naturale, il Parco dell’Adige rappresenta un indispensabile polmone verde nei pressi del centro città. Esso è attraversato dal bel “percorso ciclo-pedonale delle Risorgive” che, costeggiando l’ansa del fiume, consente di raggiungere, oltrepassando Villa Buri e il suo parco, Borghetto di Valeggio sul Mincio attraverso un percorso di circa 35 kilometri.

Lazzaretto (1549, Sanmicheli)

La sua struttura da piccolo Escuriale racconta fatti di pestilenze e di invasioni. L’unico rimedio al terribile flagello della peste era infatti allora l’isolamento degli appestati. A tal fine risultavano molto utili gli isolotti situati in mezzo all’Adige dove trascorrevano la quarantena i sopravvisuti alla peste per poter constatare la completa guarigione.

Lazzaretto, Verona

In assenza di tali isolotti, spesso gli appestati venivano raccolti lungo la riva dell’Adige, lontano dall’abitato, alla quale si doveva accedere con barche per evitare il passaggio per le strade. Questa fu probabilmente l’origine del Lazzaretto, costruito verso la metà del ‘500 per poter dare agli appestati un ambiente decoroso.

Se per gli storici la paternità del Lazzaretto è tutt’ora incerta, quasi tutti sono concordi nell’attribuire al Sanmicheli il disegno del tempietto centrale, che è la sola cosa rimasta del grande complesso.